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      Tanti cospicui tesori vennero ad abbellire la nostra città, ed i cavalli furono posti da prima dentro dell’arsenale, ma sembrando che ivi non fossero bastantemente esposti alla comune vista, nè conseguissero la dovuta ammirazione, s’innalzarono nella facciata della Basilica di san Marco. V’ha chi afferma, che per aggiunger loro un carattere allegorico, dimostrante che Venezia non aveva mai sofferto il giogo di straniera potenza, fu spezzato il freno che per l’innanzi portavano in bocca, talchè rappresentassero lo stato di una generosa e magnanima libertà. Colà grandeggiarono trionfalmente pel corso di quasi sei secoli. Indi una pace senza guerra, un trattato senza condizioni, una vendita senza compensi, li fecero trasportar a Parigi. Eppure chi mai creder potrebbe che a’ giorni nostri vi fosse ancora un francese, il sig. Sobry, che dopo aver osato di scrivere e di stampare, che i Francesi prendendo Costantinopoli, s’impossessarono de’ quattro cavalli di bronzo dorato, e ne fecero un dono alla Repubblica di Venezia, che ne ornò l’ingresso della sua capitale (quasi che la capitale della Repubblica fosse la basilica di S. Marco), osò di scrivere e stampare non meno, che conquistata poi da’ Francesi la città di Venezia (senza dubbio col mezzo di truppe a cavallo trascorrenti la merceria, come una loro incisione dimostra) i Francesi se li fecero suoi nuovamente, e li trasportarono come cosa propria a Parigi. Certo è che da Parigi vennero rimossi mercè le vittorie de’ principi alleati.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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