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      L’usurpatore Alessio ricusa di arrendersi, e i Crociati sono risoluti di non più differire l’attacco. La catena che difendeva l’ingresso del canale è da’ Veneziani spezzata. Vedi: la flotta è già nel porto; il fuoco invade i vascelli nemici; un fuoco eguale si appicca a molti quartieri della città; non v’è più salvezza per i Greci; tutto dee cedere dinanzi a sì valorosi guerrieri.
      Quadro VI.
      Toccò al pennello di Domenico Tintoretto il sottoporre agli occhi de’ risguardanti il magnifico aspetto di Costantinopoli, che lungo le rive del mare distende le solide sue mura fortificate di numerose torri. Tra le navi Venete dalle quali è cinta, si distinguono quelle due sterminate, il Paradiso e il Mondo, che insieme legate rendono più facile e più efficace l’effetto delle macchine d’attacco. Se l’ardore de’ soldati apparve grande nel primo conflitto, quando trattavasi di riporre sul trono avito un principe sventurato, qui è ancor più furibondo e terribile, trattandosi di vendicare il proprio onor vilipeso, e di punire la più nera perfidia. Il Dandolo è l’anima di tutta l’impresa. Armato da capo a piedi, egli sta più di tutti esposto ai colpi nemici. Innanzi a lui sventola lo stendardo di san Marco, e su quello tutti giurano di vincere o di morire. Una scarica generale di pietre e di dardi dà principio all’assalto: i Francesi sono audaci; i Veneziani abilissimi. In mezzo a torrenti di fuoco greco che investe gli assedianti, si ravvisa Pietro Alberti veneziano, che slanciasi fuori del vascello, s’arrampica sopra una delle torri, ne guadagna la sommità, salta sulla piatta forma colla sciabola alla mano, attacca, uccide, rovescia tutto ciò che incontra, e già lo stendardo della Croce è piantato sulle mura nemiche.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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