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      Ma se vennero imitate queste due antiche Repubbliche in ciò ch’è biasimo, v’ebbe pur anco qualche azione degna de’ secoli eroici, e che aggiunge splendore alla storia moderna. Uno fra i molti ne riferiremo qui, altri si vedranno a loro luogo.
      Nell’anno 1294 Andrea Dandolo, comandante della flotta Veneta, ebbe la fatale sciagura di essere fatto prigioniere su quell’Adriatico, ch’egli tinto aveva di nemico sangue. Il suo vincitore Doria fece tosto suo conto di condurlo a Genova in trionfo. Il fece porre su di una nave, e legargli le mani e collocarlo in guisa, che non potesse contro sè stesso inveire. Ma che non può un’anima risoluta! Per l’orgoglioso Dandolo era intollerabile la vergogna di comparire in quello stato innanzi al Senato di Genova. Per sottrarsene, non gli restava che un mezzo. Egli colla testa diede d’un colpo sì forte contro dell’albero del vascello, al quale era legato, che s’infranse il cranio, e sul fatto spirò.
      Non è a dirsi quanto i Veneziani fossero costernati all’annunzio della succeduta sciagura. Pur non lasciarono trapelar fuori quell’acuto dolore che dentro rodevali; nè altro mostrarono che una brama ognor più aperta di ragunar novelle forze non meno per difendere le loro colonie nell’Arcipelago, che per vendicarsi di un nemico che cominciava davvero ad eccitare giusti timori. I Genovesi al contrario dieronsi a solenneggiare con feste l’ottenuta vittoria, benchè la loro squadra costretta a rientrare in porto, fosse resa inabile ad agire di vantaggio per quell’anno.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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