Ma il vincere, in qualunque modo avvenga, accresce sempre baldanza, e fa pullulare nuove pretensioni. Quelle de’ Genovesi s’aumentarono a segno di volere la sovranità del mar Nero, come i Veneziani godevano quella dell’Adriatico. Lo mostrarono col fatto, impadronendosi senza precedente avviso di quanti legni Veneti entravano in quel mare. Ma que’ Veneziani non potevano soffrire al certo un’usurpazione sì contraria al diritto delle genti, e per loro sì ignominiosa. Ricorsero alle armi per farsi rendere giustizia, ed ottennero nell’anno 1358 quell’illustre vittoria, che nella storia si conosce per la battaglia di Negroponte. Essa fu subito celebrata in Venezia con feste magnifiche: e con ragione; giacchè valse a consolidare sempre più la preminenza della Repubblica di Venezia su quella di Genova. A perpetuarne inoltre le memoria, il Senato ordinò, che il dì di san Giovanni Decollato, in cui seguì il fausto evento, venisse ogni anno contrassegnato da una solenne funzione. Quindi è che il Doge colla Signoria si recava alla chiesa di san Marco a rendervi con inni e sacrifìzj grazie all’Altissimo per la prosperità avuta dalle sue armi.
In questa istituzione si può giudicare che anche un fine di avveduta politica avessero di mira que’ saggi, che l’aveano comandata. Essi ben sapevano, che i fatti avversi non valgono a spegnere le animosità, e potevano facilmente prevedere, che i Genovesi come prima si fossero riavuti dall’abbattimento, avrebbero di nuovo attaccati i Veneziani. Ora col mantener viva per via della Festa la memoria dell’ottenuto trionfo, venivasi ad inspirare nell’animo de’ nostri una sempre maggior fiducia di trionfi novelli.
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