Rammentavagli la promessa di mantener tutti i privilegi ad essi accordati, e pregavalo a voler loro continuare sempre la speciale sua protezione. Il Doge li rassicurava di tutto, aggiungendo alcune affettuose espressioni. Allora que’ buoni isolani parevano scordarsi di essere davanti il loro Principe, per non vedere in lui che il loro padre, si gettavano sulla sua destra, gliela stringevano, gliela baciavano con trasporto, e come se ciò non bastasse ad isfogar la piena della loro affezione, gli stampavano un sonoro bacio sulla guancia. Se qualche critico troppo severo, per iscemar l’effetto che questa commovente cerimonia potrebbe produrre sulle anime sensibili, osasse dire, ch’essa finalmente non era che un rancido avanzo di tempi troppo semplici e grossolani, v’avrebbe luogo a rispondergli, che la sua origine merita sempre il maggiore rispetto; poichè tal cerimonia non potè certamente essere stata comandata, ma piuttosto inspirata da un sentimento spontaneo e vivissimo. E quand’anche si volesse negare a quel buon popolo un sì ingenuo sfogo del cuore, resterebbe sempre ad ammirare la bontà paterna del Principe nel tollerare un atto che nulla certo potea avere di seducente, venendo eseguito da labbra ruvide, biancastre ed irrorate d’aglio. È ben vero che ne’ tempi antichi si videro anche i soldati baciar in fronte i loro officiali, il lor Capitano e fin il loro Imperatore; ma l’uso venne ben presto abolito, e Caligola fu il primo ad ordinare, che il bacio si desse sul piede; e sì piacque quest’atto ai regnanti, che anche in secoli men rimoti gl’imperatori di Costantinopoli il giorno di Pasqua ammettevano i Principi e gli Ambasciatori al bacio del piede.
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