Quanto i vinti si erano mostrati pazzamente arditi nell’intrapresa, tanto si fecero conoscere vergognosamente vili nella sciagura: dimandarono la pace, e per ottenerla più presto, accagionarono la cieca moltitudine di tutto il disordine, che aveva provocato la guerra. I Veneziani troppo generosi per porre al cimento scuse così meschine, accordarono quanto veniva richiesto, e per giunta restituirono i prigionieri.
Ecco la prima guerra terrestre sostenuta dalla Repubblica: ma ben lungi che questa vittoria inspirasse ne’ Veneti un’insensata fiducia nelle loro forze, essi al contrario si dierono a pensare, che non conveniva fidarsi per nulla di tali vicini, e che prudenza volea che si tenesse sempre pronto un esercito ed un Generale per tutto ciò che potesse avvenire. Su questa carica di Generale caddero singolarmente le attenzioni de’ nostri savj Legislatori. La situazione della città gli avea persuasi, che il nostro unico elemento dovesse esser l’acqua; ch’essa doveva mantenerci potenti, che ad essa sola noi dovevamo dirigere tutte le nostre cure, siccome a fonte verace di ricchezza e di gloria. Volgendo le sue mire sul continente, la Repubblica correva rischio che s’illanguidisse nel cuore de’ cittadini l’amor della patria; poichè la necessità di esercitarsi nelle armi, e di prender parte nelle guerre straniere, anche quando Venezia era in pace, veniva a familiarizzarli un po’ troppo cogli altri popoli, e forse ad imbeverli di usi e di principj non repubblicani, i quali trasportati in patria, potevano diventar germe di corruzione, ed apprestare abborrite catene.
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