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      D’altra parte il sistema già adottato di non farci grandi per via di conquiste, rendeva inutile appo noi l’avere certi Capitani intraprendenti, che colla loro ambizione avrebbero potuto tener sempre la Repubblica in inquietudine. Ch’egli è pur troppo facile il trovar fra loro qualche spirito turbolento, a cui paja tutto lecito per regnare, ed estrema follìa il rinunziare al dominio e al proprio utile per non tradir il dovere. È rarissimo in fatti il trovar un Generale così moderato, che veggendosi caro ai soldati, favorito dalla fortuna e dall’occasione, deponga spontaneo un’autorità, che può a tutto suo agio ritenere, e si mantenga fedele a’ suoi superiori o agli eguali suoi, quando può ad essi comandare. D’ordinario l’ambizione non va mai disgiunta dal militar valore, ed i cuori arditi mal sopportano l’oscurità d’una vita privata. Reiterati esempj abbiamo nella Repubblica di Roma, che con tutta la sua gran possanza non seppe abbattere quella de’ suoi Capitani; allorchè le vollero far fronte. A fine dunque di allontanare simili pericoli, il nostro Governo piantò per massima fondamentale di sua condotta, che in caso di guerre continentali si dovesse appoggiare il comando delle truppe ad un Generale straniero. Non di meno e’ doveva aver sempre a’ fianchi due Provveditori Veneziani, senza il cui assenso nulla potesse intraprendere, e ne’ quali conoscesse di avere un freno contro la seduzione del danaro. Sono queste le vere cagioni, che diedero origine al Decreto, e l’anno 1146 fu l’epoca, in cui la deliberazione prese aspetto di legge.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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