Quest’annuo spasso tanto più merita la nostra attenzione, perchè è uno di quelli, in cui il buon Popolo Veneto più segnatamente offre in mezzo alla gioja più viva il quadro d’un popolo amico dell’ordine, della pace e della sociale armonia. Sembra, a dir vero, che sì gran turba non sia che una sola famiglia, i cui membri, benchè infiniti, sieno congiunti con un solo legame; e che uno stesso spirito, un principio stesso gli animi tutti, quello del comun piacere.
Sentiamo noi pure certa dolce compiacenza in descrivere uno spettacolo interamente spontaneo e non ordinato, se non da quel sentimento che inspira l’universal piacere, e l’uso inveterato in questa città di fare delle corse sull’acqua: uso che rese il suo popolo ingegnoso più di qualunque altro per inventarle singolari e brillanti, e per eseguirle con desterità sorprendente. Ma il tempo che trasvola insiem col destino, cangia, distrugge, e null’altro per isciagura ci lascia, che rimembranze. Richiamiamo dunque a noi stessi ed a’ nostri lettori questa scena interessante, come se ci fosse dinanzi agli occhi, benchè altro di essa al presente non ci rimanga che languide traccie.
Il luogo principale di questa Festa marittima, di questa cena generale è il canal della Giudecca, le cui acque non si scorgono più che per intervalli, e quasi pajono altrettante striscie di fuoco agitate da remi, tanto grande è la copia di barche, che le ricoprono, e tanto raddoppiata è l’illuminazione sopra le barche stesse.
Nella sera di santa Marta il ricco mostrasi, è vero, con grande splendore, ma non con fasto; e se impiega molto danaro nell’ornare la sua peota, nol fa per avvilire gli altri, ma per mostrare il suo buon gusto.
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