Dopo di che il sigillo ducale colla stessa formalità era restituito al Doge, il quale, ciò fatto, partivasi col suo augusto corteggio, e partivano pure le Confraternite, rimanendo solo il Clero a salmeggiare per alcun tempo ancora; e così la funzione avea fine nella Basilica di san Marco.
Ma non con ciò finiva la solennità di questo giorno. Ad imitazione della maggiore, tutte le altre Chiese Parrocchiali della Città ripetevano gli stessi riti e la stessa processione sulle prime ore notturne, facendo il giro tra i confini della propria giurisdizione. E grande n’era l’accompagnamento, composto, oltre al Clero, di tutti i patrizj, di tutti i cittadini, mercanti e artigiani abitatori delle rispettive parrocchie, portanti ciascuno una grossa candela accesa in mano. A rendere più dignitoso le spettacolo, precedevano il sacramento con torcie calate, i domestici e gondolieri de’ patrizj più facoltosi colle loro divise in gala. Grande era lo sfarzo de’ fanali dorati, de’ candelabri d’argento e de’ cerei. Le finestre, le ringhiere e porte di tutte le case, dinanzi a cui le processioni passavano, qual più qual meno ardevano di torcie, di candele, di faci. Puossi dire che cominciando dalla gran Piazza di san Marco, non vi fosse contrada un po’ nobile della Città, che non mandasse splendore; talchè chi si fosse posto sull’alto d’una delle nostre torri a riguardare in giù, avrebbe potuto credere che Venezia tutta andasse in fiamme.
Certo non sarebbesi alcuno immaginato, che una cerimonia per cui si conservava e aumentavasi un pio fervore verso Dio ed i suoi Misterj, per cui si esercitava la fede, fortificavasi la Religione, e si distinguevano i cristiani dagl’infedeli, i cattolici dagli eretici, dovesse venire abolita dopo una sì lunga successione di secoli.
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