Ma più di tutti si trovò imbrogliato il Tiepolo. Egli non poteva accettare la dignità senz’attirarsi addosso l’odio e la vendetta del Maggior Consiglio, nè poteva rifìutare il Ducato senza esporsi al risentimento ed al furor del Popolo. In questa dubbiezza egli credette miglior partito l’allontanarsi da Venezia per attendere nel luogo del suo ritiro l’evento; ma con ciò venne a confermare quella gran verità, che chi abbandona il Popolo, n’è ben tosto abbandonato, sebben fosse il suo prediletto, il suo idolo. Convien che la presenza riscaldi il suo cuore, alimenti il suo affetto; se la persona sen parte, essa è subito dimenticata del tutto. Ciò appunto avvenne. Il Popolo, cercato invano Jacopo Tiepolo per porlo nel Seggio Ducale, e non trovatolo, con tanta debolezza rinunziò al suo disegno, con quanto entusiasmo l’aveva eletto. Così il Gran Consiglio veggendosi sciolto da ogni paura, venne all’elezione del Doge. Il Tiepolo è ben ragionevole che ne fosse escluso appunto perch’era stato eletto dal Popolo. La scelta dunque cadde su Pietro Gradenigo, uomo di spinto fermo, di carattere risoluto, e grande partigiano della nobiltà. Nè per ciò è da menar gran rumore, mentre chi ama scorrere le storie di tutte le Nazioni, trova, che i Popoli più morigerati, più semplici e più virtuosi sono quelli che mostrano dare maggior peso ai pregi della nascita. I patrizj Romani, ed i Baroni Svizzeri fecero sempre più stima della loro nobiltà che dell’oro. Essa merita in vero gran rispetto, qualora non sia incentivo all’orgoglio misto ad una crassa ignoranza.
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