Come mai una Legge che a detta universale rovesciava affatto la Costituzione, convertendola di Democrazìa in Aristocrazìa, poteva venir lasciata, per così dire, in sospeso? E come non avevansi a temere in questo intervallo i maneggi, i rigiri, i brogli, le turbolenze de’ Cittadini, de’ plebei e degli stessi nobili esclusi dal Governo per sempre? Ma lo spirito saggio del Gradenigo sapea bene non trattarsi già di un’innovazione di Governo, ma sol d’un regolamento più sano nelle Elezioni, onde poter distruggere o evitare gli abusi introdottivi. S’egli avesse meditata una rivoluzione, un sol colpo di mano poteva condurla a termine, nè egli ignorava certo essere generale principio, che in tutte le grandi rivoluzioni occorre a riuscirvi ardire nell’immaginare e prontezza nell’eseguire. Al Gradenigo non mancava nè l’una qualità, nè l’altra; ma vero Cittadino qual era, che non pensa che al vantaggio della Patria, egli lasciò all’esperienza e all’osservazione de’ Saggi il tempo necessario per ponderare il partito da prendere, una piena libertà a ciascuno di esaminare i proprj interessi, e decidere in capo all’anno se il nuovo metodo di elezione fosse utile o no. La legge fu a pieni voti adottata, e l’anno appresso venne confermata di nuovo. Altre leggi posteriori la ratificarono e consolidarono in perpetuo. In tal modo si andò a poco a poco impedendo, o difficultando l’ingresso a molti, riducendolo a chi avea la più antica originaria nobiltà, a quelle cospicue famiglie che aveano per secoli e secoli sparso il sangue, sacrificato le sostanze, impiegato i pensieri i più profondi a difesa della Nazione, infine a quelli i quali provar potevano per sè, padre ed avo, che la famiglia aveva avuto ingresso nel Maggior Consiglio.
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