È dunque indubitabile, che il Doge Pietro Gradenigo non vide tal mutazione nel Maggior Consiglio, perchè non potè vederla; dunque egli non ebbe parte in ciò che si eseguì sempre da poi; e nemmeno egli potè immaginare un’Aristocrazia, quale la si ebbe poscia, e quale non può crearsi a volontà; giacch’essa è cosa reale, formata dal lustro delle virtù, dai servigi resi alla Patria, dall’eroismo delle azioni civili e militari; essa è identifica alla Società, è circondata dallo splendore della fortuna, è seducente per la gentilezza, amabilità, dignità delle maniere; essa infine è una forza formata dai soli secoli, e che i soli secoli non valgono a distruggerla.
Ecco come senza Decreto, e senza veruna solenne riforma si stabilì poco a poco in Venezia l’Aristocrazia ereditaria, e quella Costituzione che per tanti secoli formò l’ammirazione dell’universo. Impiegossi a sostenerla il fior de’ Cittadini, e di lor potea dirsi ciò che nelle sacre Carte si dice delle Locuste (Prov. XXX): che sono più Savie di tutti i Savj, perchè non hanno re, e marciano in truppa senza disordine e senza confusione. Se i Popoli tutti, sia per abitudine, sia per pregiudizio, sia per amor proprio, sono portati a riguardare il loro Governo come il migliore degli altri; il Popolo Veneto provò più di tutti questa felice illusione; avendo in ogni tempo manifestato con trasporto la sua confidenza, e la sua divozione perfetta a quello, sotto cui viveva.
Durante il Ducato di questo medesimo Doge Pietro Gradenigo, vi fu per altro a questa stessa epoca un Decreto di molto rilievo, ch’egli ad altro momento distrusse, come a suo luogo vedremo, ma che allora a più giusto titolo poteva chiamarsi il Decreto per la Serrata del maggior Consiglio.
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