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      Indecisa per qualche tempo fu la sorte, alla fine il valoroso Giustiniani conquise Marco Quirini, e portò la strage ad un gran numero di insorgenti. Il Tiepolo disperando sul fatto di una miglior riuscita, procurò di ritirarsi il più presto possibile co’ suoi dentro l’isola di Rialto, dove, rotto il ponte di legno, che attraversava il canal grande, e tratte a sè le barche, si fortificò colla speranza di poter il giorno appresso cominciare il combattimento, mediante l’aspettato rinforzo di Padova. Ma le barche che dovevano condurlo, per sua grande sciagura rimasero per più ore in secco sulle sponde del Brenta, ed allorchè giunsero nelle lagune, furono tutte prese; il Badoer dopo alcuni giorni ebbe recisa la testa.
      Frattanto il Doge fece pubblicare un perdono generale a tutti quelli, che dopo di aver seguito il partito di Bajamonte, si fossero messi alla ragione e cercò di animar il Popolo ad accorrere alla difesa della cosa pubblica. Malgrado però tali esortazioni, pochi v’ebbero, che non si tenessero ritirati senza decidersi per alcun de’ partiti. Il giorno 16 vi furono delle trattative per una riconciliazione, ma non si potè nulla ottenere. Nello stesso giorno Giovanni Soranzo, e Mattio Manolesso, uomini venerabili per età, e pel sostenuto maneggio di gravi affari, furono incaricati dal Doge, dai Consiglieri, e dai Capi de’ Quaranta di recarsi a Bajamonte, onde persuaderlo di presentarsi, non già al Doge Pietro Gradenigo, ma soltanto alla Signorìa. Quegli non si arrese pur un poco, adducendo per ragione che le replicate ingiurie del Doge verso di lui gridavano vendetta, e ch’era risoluto di ottenerla.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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