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      Queste leggi sono una nuova prova ch’esisteva quella già veduta nell’antecedente Festa, di dover chiudere le porte del Gran Consiglio.
      Indi vennesi a studiare i mezzi per assicurar la pubblica tranquillità, non essendovi niente di più fatale allo Stato e che ponga più in pericolo la libertà pubblica, quanto gli odj e le inimicizie civili. Giudicossi il pericolo tanto vicino da dover ricorrere ad una Magistratura di grande autorità, che potesse agire senza la lentezza delle regole ordinarie. Ma un tal potere, quasi senza limiti, non poteva certo essere posto nelle mani di un piccolo numero di persone, senza incappare in nuovi pericoli; nè in quelle di molti senza fargli perder molto della sua forza. I nostri Legislatori non arrossendo giammai di prevalersi degli usi delle altre nazioni, quando l’esperienza ne aveva provata l’utilità, ad imitazione degli Efori di Lacedemone, instituirono un corpo composto di dieci cittadini più rispettabili di Venezia, a’ quali fosse specialmente appoggiata la cura di procurare i mezzi necessarj per impedire li disordini cittadineschi, ogni abuso di superiorità individuale, ogni parzialità nella pubblica giustizia, ogni attentato contra la Costituzione, e nel caso che scoprissero qualche scellerato che invece di obbedire bonariamente, studiasse il mezzo di comandare tirannicamente, o che trasportato dall’ambizione, o sedotto da perverse inclinazioni minacciasse danno allo Stato, avessero il pien poter di giudicar da loro soli l’affare, e deciderlo nella maniera la più conveniente per la pubblica sicurezza.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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