Essa tuttavia prima di venire alle vie di fatto, volle spedir ambasciatori a Verona per riconoscere le vere disposizioni di Mastino verso di essa, e avere dalla sua propria voce una risposta decisiva. In questo spazio di tempo dicesi, che un suo consigliere, chiamato Pietro Maranese, uomo prudente e illuminato, esortò vivamente il suo padrone a non disprezzare l’amicizia de’ Veneziani, dimostrandogli principalmente, che un despota fa la guerra con gran discapito contro una repubblica, perchè gli ordini e le deliberazioni di lui avendo fine colla vita, i sudditi non si sottomettono che a forza a que’ sacrificj; quando all’opposto quelli delle repubbliche essendo ordini tanto durevoli quanto l’esistenza di esse, hanno il consenso del popolo, la cui gloria divien nazionale; che nel primo caso è indifferente ai sudditi, per non dir desiderabile, il cangiar sovrano; non potendo nulla di peggio per essi accadere, essendo già sottomessi alla sola sua volontà; nelle repubbliche all’incontro la felicità dell’indipendenza è sì dolce che tutti concorrono per conservarla, ed è quasi impossibile di soggiogarli. Pietro avea un bel dire; nulla potè scuotere la determinazione di Mastino contro i Veneziani. Forse (come alcuni pretendono, e l’esito delle cose rese probabile) Mastino era anche sollecitato dai Carraresi, che per interesse e per vendetta speravano di precipitar per tal modo nella sua rovina il tiranno, riguardato con ragione da essi come il loro più gran nemico. Mastino rispose dunque ai deputati Veneziani in modo altissimo; giurando di non voler per nulla modificare quanto avea risoluto.
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