Giunti questi dirimpetto alla Sedia Ducale si fermavano, ed il Capo di ciascuna Confraternita avea l’onore di presentar al Doge una delle torcie abbellita di pitture emblematiche intrecciate con fregi d’oro, fra’ quali collocavasi con garbo lo stemma del Principe. Frattanto altri Confratelli distribuivano altre torcie men ricche al Clero, ed alla Comitiva del Doge. Siccome questa offerta ripetevasi da ogni Confraternita, ed il numero di quelli che doveano riceverla era considerabile, così per evitare la noja del lungo indugio, ciascuna Confraternita aveva un drappello di suonatori, che andavano frattanto alternando belle sinfonie.
Ci è tuttavia ignoto, se queste torcie fossero un tributo, od una spontanea offerta. Forse fu l’uno e l’altra, se pongasi mente a ciò che correva ne’ primitivi tempi di questa instituzione. Egli è certo che i Dogi in allora si tenevano come persone partecipanti del sacro. Vedesi nelle Pitture antiche, e specialmente ne’ Mosaici della facciata di san Marco, che il Doge ha sul capo, non già il Corno Ducale, ma una Mitra piramidale somigliante a quella de’ Pontefici. Documenti infiniti ci attestano, che i nostri Dogi esercitavano in certe occasioni alcuni atti riserbati puramente all’autorità papale, come sarebbe, per esempio, quello di dar la benedizione al Popolo alla foggia de’ Papi. Essi inoltre si credevano autorizzati a trasferir da un luogo all’altro le Sedi Vescovili. Ed infatti un di loro trasportò a Chioggia il Vescovado di Malamocco; un altro quello di Malamocco a Murano.
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