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      Che se ci piacesse di riguardarle come un semplice dono, qual cosa v’è più pura della cera bianca e raffinata, simbolo del candore de’ sudditi fedeli ed affezionati al loro Sovrano? Nè deve tampoco fare stupor la semplicità dell’offerta, quando vogliamo aver riguardo ai tempi della sua instituzione. Nelle varie differenze insorte fra Alfonso re di Napoli, e il Duca Cosimo de’ Medici, quest’ultimo coll’inviare al monarca un bel Tito Livio manoscritto, ottenne di ristabilire con lui la buon’armonia di prima. Ed Enrico re di Svezia riuscì con certi bei detti, e con acute risposte a rendersi amico Frottone re di Danimarca, ch’eragli suo nemico dichiarato. Non ridiam pertanto della tanta semplicità di que’ tempi, e confessiamo piuttosto che, malgrado i vantaggi de’ nostri secoli illuminati, sono molto a invidiarsi quelle età, nelle quali il dono di alcune torcie, d’un libro latino, ovvero alcuni bei detti erano bastanti a conservar l’affezione fra i sudditi e i sovrani, a ridonare la pace fra gli Stati, e la felicità ai Popoli.
      Allorchè le vittorie della Repubblica ebbero moltiplicate le Feste civili instituite per richiamare alla memoria le epoche più gloriose, fu stabilito di ridurre le tre, che si celebravano in onore del nostro Protettore San Marco, a quella sola del giorno del suo nome. Parve tuttavia opportuno di ritenere alcune delle antiche formalità, aggiuntovi però quello splendore e quella magnificenza, che per lo successivo aumento di potere, eransi ormai universalizzati in Venezia.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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