Tuttavia non sarebbero nati effetti fatali, se non vi si fosse aggiunto un nuovo accidente.
Un gentiluomo di casa Barbaro, d’indole risentita e stizzosa, andò all’arsenale per chiedere non si sa bene qual favore a Bernaccio Isarello, che n’era l’ammiraglio. Questi pacatamente gli rispose, non poterglielo accordare. Offeso il patrizio per tal rifiuto montò in tanta furia, che percosse l’ammiraglio nel volto sino a far sangue. Questi ricorse al Doge, chiedendo giustizia; ma il Doge tuttora esacerbato per la tenue soddisfazione conceduta a lui stesso, gli rispose essere impossibile ch’egli ottenesse alcun favore dal Governo per lui, uomo plebeo, quando nulla avea potuto ottenere per sè, che pur era principe. È assai probabile che il Doge con questa maligna risposta avesse l’occulta mira d’irritare l’ammiraglio contro il Governo; e traendo partito dalle circostanze, aprirsi una via di saziare il suo desiderio di vendetta, valendosi dell’opera altrui. Di fatti nulla più invoglia alla ribellione, quanto il vedere per qualche motivo resi inoperosi in mano de’ magistrati i regolamenti della pubblica giustizia. La malizia del Falier ebbe il suo effetto, nè mancò di aumentare nell’ammiraglio il risentimento dell’offesa, ed ei medesimo si esibì di por freno all’arroganza de’ nobili, e di castigarla, purch’egli volesse secondare i suoi disegni. Lungi il Falier dal rigettare la proposizione, lodò anzi il pensiero ognor più; si diè ad interrogarlo intorno ai mezzi di eseguirlo; udì con somma attenzione le risposte, e per allora congedollo senza altro, rimettendo a miglior congiuntura l’affare.
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