Dopo qualche anno l’accorto Maometto seppe approfittare dell’indolenza de’ Cristiani, e dell’accanimento implacabile fra la Repubblica di Venezia e quella di Genova, che tenevale sempre in guerra fra loro, per tentare un’impresa sopra la capitale stessa del greco impero e il cuor dell’Oriente. Co’ suoi formidabili preparativi egli lasciò scorgere a quanto egli aspirasse. I Principi Cristiani stimolati e dal proprio interesse e dall’imperator greco Costantino Paleologo, che regnava in quel tempo a Costantinopoli, ordinarono di comun accordo grandissimi armamenti. Se non che l’intraprendente Maometto non lascia loro il tempo di eseguire i disegni; corre ad attaccar Costantinopoli con una forza di quasi trecento vele, e di trecento mila soldati, mentre l’infelice Costantino altra difesa non ha, che una guarnigione di nove mila Greci, e nel porto non eravi che qualche vascello mercantile veneto. I soli Genovesi erano stati a tempo di spedire alcune galee cariche di viveri e di soldati con un loro comandante. Fu a questi assegnata in custodia la Porta Romana; la Chersina ai Veneziani, che offerto avevano in questa occasione i loro servigi all’imperatore. I Turchi non tardarono ad incominciar l’attacco, sicuri di una pronta e compiuta vittoria; ma resiste la porta Chersina, e quel pugno d’intrepidi difensori tiensi sì fermo, malgrado le gravi ferite che riceveano e la tanta moltitudine d’Infedeli, che a detta di alcuni autori, Maometto sorpreso della resistenza inaspettata, e della grande perdita che faceva de’ suoi, fu sul punto di abbandonare l’impresa.
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