Maometto vi si trasferì in persona con cento e quaranta mila turchi e con un formidabile apparecchio. Si fecero gli approcci; s’incominciarono gli assalti; quattro ne furon dati con uno spargimento di sangue notabilissimo; tanto era vigorosa la difesa. Ma freschi soccorsi di truppe e di vettovaglie rendevano abbondante di tutto il nemico; agli assediati tutto veniva meno, rinchiusi com’erano da ogni lato. Dopo un mese di continui travagli e di disagio, erano già ridotti all’estremo, ed anche la speranza nel promesso soccorso già svaniva, quando videsi da lungi venire verso Negroponte una numerosa veneta flotta. Come dipingere la gioja? come il nuovo vigore entrato in ogni cuore? Il Sultano, di ciò instrutto, disegnò tosto di abbandonare l’impresa. Ma che? immobile si tiene quella bellissima flotta senza prender partito. Per una sciagura fatalissima, il suo comandante men mosso dall’amor della patria e del proprio onore, che dalla tenerezza per l’unico suo figlio, che con preghi e lagrime lo scongiurava a non cimentarsi al pericolo, vi aderì con grave disonor proprio e con sommo danno de’ nostri, a’ quali tanto il coraggio scemò, quanto s’accrebbe l’ardimento a’ nemici. Sul punto stesso rinnovano questi gli assalti con una strage infinita: pure i nostri li respingono con sublime fermezza; ma coperti di ferite ed esangui, non poterono più difendere la Porta Burchiana. Quindi i Turchi penetrarono nella città, ed il Calbo e il Bondulmiero perirono colla spada alla mano; l’Erizzo con un pugno de’ suoi difese per varj giorni il castello, e cagionò una perdita ragguardevole di Turchi.
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