un sol colpo atterrò sì bel corpo, dando libertà all’anima, ancor più bella, di volare rapida alla conquista della gloria celeste, dopo averne mercata tanta qui sulla terra.
La soggiogata città fu riempiuta di uccisioni e di rapine, satollandosi l’ira col sangue, l’avarizia colle spoglie. Per quello spirito insultatore ch’è proprio de’ barbari, fecero erigere vicino alla chiesa principale una gran piramide, formata di teste di Cristiani svenati, i cui cadaveri vennero gettati in mare per cibo ai pesci. Indi scorsero la Morea senza contrasto, e padroni della campagna occuparono diverse terre.
Il ragguaglio di sì gravi disgrazie afflisse quanto mai dir si può la Repubblica di Venezia. Si rivolse in prima agli ajuti divini, indi fu intenta a procurarsi gli umani. Raccolse da più paesi molti fanti, e formò una possente squadra con navi e galere. Pietro Mocenigo fu il comandante sostituito a quello, che condotto in catene a Venezia venne deposto dal suo impiego, e morì esule dalla sua patria. Il Mocenigo corrispose perfettamente alle speranze di ognuno. Cominciò dallo scorrere le riviere dell’Asia, saccheggiò e prese diverse terre turchesche, indi si avanzò nella Natolia, ove recò sì grave danno, che se ne sgomentò Maometto stesso, il quale per vendicarsi portò l’incendio in Italia. Guai per le potenze di essa, e forse di tutta l’Europa se non vi fosse stata la Veneta Repubblica, che colle sole sue forze e col suo danaro, che sapeva a tempo profondere, non si fosse, anche a rischio di perder sè stessa, posta a far argine a quel tremendo furor barbarico, alla turchesca ambizione che non conosceva più limiti.
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