Que’ marmi eloquenti, destinati a trasmettere ai secoli futuri lo splendore e l’eroismo de’ secoli passati, ora non possono più ricevere l’omaggio della nostra venerazione. Non v’ha che le anime fredde e volgari, che possano senza commozione veder annientate memorie sì sacre. Anche la storia c’insegna, che il sentimento svegliato da oggetti consacrati alla memoria degli eroi, non fu straniero a verun popolo. Fu per questo che Caligola atterrò per gelosia le statue poste in Campo di Marte. Sotto un governo giusto non dovrebbe mai ciò accadere, trattandosi di monumenti innalzati all’immortalità de’ cittadini, che si distinsero in pro della patria. Qualunque sia la sorte a cui soggiace il loro paese, essi devono ad esso sopravvivere. Noi dunque non cesseremo di affigerci per aver perduto in quest’occasione e il deposito di Antonio Grimani, celebre per un fallo da lui purgato con sì nobile emenda, che valse a ridonarlo alla patria, alla dignità di procuratore, ed a cingerlo poscia di corona ducale; e il monumento del Doge Pietro Lando, che sostenne l’onor della Repubblica in tempi difficilissimi; e quello di un procurator di san Marco, Antonio Diedo, personaggio di alta reputazione; e quello del celebre Vittor Pisani, che meritò di essere proclamato padre e liberator della patria. Di quest’eroe però non tutti affatto perirono i preziosi avanzi. Fortunatamente uno de’ suoi discendenti, Pietro Pisani, giunse a tempo di raccoglierli, e li fece trasportare nel suo palazzo a Montagnana, ove vuol innalzare un monumento novello al suo avolo immortale.
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