A tal fine spedì segretamente sul luogo alcuni renegati, perchè destramente penetrassero i disegni di que’ potenti, e lo ragguagliassero delle loro determinazioni. Ritornati quelli riferirono, non avere veduto niente di più di ciò che suol farsi in adunanze consimili. La Dieta altro non essere che una crapula; nei banchetti, dati a vicenda, consumarsi i giorni e le notti; le conferenze essere di parole senza nulla concludere; disputarsi di frivole preminenze; i capi guadagnar battaglie immaginarie, ciarlando a mensa imbandita dimentichi d’ogni apparecchio militare, e versar molto vino milantando di voler far versare a rivi il sangue. Conobbe da tutto ciò Selino di non aver più nulla a temere, e ricominciò con nuovo ardor le sue imprese.
Ma poichè il nostro oggetto non è quello di scrivere nè la Storia Turca, nè la Veneta, ma solamente que’ fatti, che condurci devono all’origine delle nostre annue feste, ommetteremo di narrare que’ diversi combattimenti, que’ vani progetti di Crociate, quelle tante alleanze di mala fede, quegli egoismi politici che fanno gemere la morale, ed infine quelle alternative di guerra e di pace, che avemmo co’ Turchi per lungo spazio di tempo.
Nell’anno 1569, Selino II formò il progetto d’invadere il regno di Cipro, che allora apparteneva alla Repubblica di Venezia. Benchè le due potenze fossero in pace fra loro, pure sedotto dalle adulazioni di tristi consiglieri, egli non si fece scrupolo di volersene impadronire. La sorpresa dell’attacco, i tardi, benchè sempre promessi soccorsi degli alleati della Repubblica, assicurarono a Selino la riuscita dell’impresa, di modo che in meno di due anni di tutto il floridissimo regno di Cipro non rimaneva più ai Veneziani, che la sola città di Famagosta.
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