I Galeotti Veneziani, che dal Venier ottenuto avevano la loro liberazione, si fecero conoscer degni di sì prezioso dono, combattendo da valorosi; nè men fieramente combatterono a pro’ nostro quegli Schiavi Cristiani di tutte le nazioni, che si trovavano nelle armate nemiche, gettati sotto ai banchi; poichè, forzate le guardie, salirono in piedi, e fecero sforzi prodigiosi per procacciarsi lo scampo, e dare ai nostri la vittoria. Sanguinosissima fu la pugna, orrenda la strage. Finalmente Uluzzalì vedendo abbattuti da per tutto i Stendardi Turcheschi, giudicò ciò ch’era, che le cose degli altri Bassà fossero andate male, e temendo la medesima sorte per sè stesso, si diè disperatamente alla fuga verso terra con que’ legni, che potè raccorre; ma i nostri inseguendoli furiosamente, e non cessando l’artiglieria di fare un continuo fuoco sopra di loro, anche quella squadra venne quasi interamente distrutta, e videsi il mare coperto di rottami di navigli, e di cadaveri sanguinanti. I Cristiani assicurati della completa vittoria, si abbandonarono a tutta la gioja, ed i gridi di allegrezza rintronarono l’aria.
D. Giovanni fece allora invitare il Comandante Venier di recarsi da lui. Questi, tutto che ferito, non mancò di portarvisi subito. Quando il principe lo vide, gli si fece incontro tutto lieto, lo abbracciò, chiamandolo col dolce nome di padre, ed attribuì ad esso il principal merito della vittoria. Il General Colonna gli fece anch’esso le medesime congratulazioni, e gli elogi più distinti.
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