Era in vero cosa assai commovente il vedere tanti cospicui soggetti, animati tutti da un unanime sentimento, e gioir senza invidia di un esito sì felice. Quindi tutti rientrarono nelle loro Galere. I legni nemici che non poterono seguire la nostra flotta, furono incendiati, gli altri rimurchiati, e tutti s’avviarono nel Porto di Petalà. Era spettacolo affatto imponente il veder passare tante schiere vincitrici fra le isole delle Curzolari, menando in trionfo tanti legni conquistati, che tutti non potevano capire in quel porto; cosicchè fu d’uopo agli altri radunarsi intorno a quelle isole. Gettate le ancore, si fece la generale rassegna. Dell’ armata Cristiana v’ebbero 7500 uomini uccisi, fra quali 2300 Galeotti Veneziani, ventisei patrizj, e tre nobili di terra-ferma; i feriti superarono di molto il numero degli estinti; ma si ebbero più di 15000 schiavi liberati, e fattine 3486 di Turchi; i lor morti oltrepassarono il numero di 30000; i legni presi furono 224; i pezzi d’artiglieria fra grossi e minori furono 373 con tutti i loro attrezzi; tutte le altre cose andarono a ruba.
Questa memorabile vittoria ottenuta nello spazio di tre ore incirca, tuttochè si continuasse a combattere per altre sei, dev’essere considerata non solamente come il maggior avvenimento del secolo, di cui parliamo, ma di tutti quelli, che sin allora avevano avuto luogo, compreso anche le disfatte di Serse, e la vittoria riportata da Augusto in quelle medesime acque sopra il suo rival Marc’Antonio. Che se la nostra non ebbe una egual celebrità, ciò fu perchè la gelosia e la politica delle Corti, e particolarmente di quella di Spagna, impedirono di trarne un frutto proporzionato, che solo decide della pubblica opinione.
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