Il ponte cominciava dalla piazza di S. Marco, e metteva capo a S. Giovanni della Giudecca. Benchè assai lungo fosse lo spazio, pure dal momento, che ne fu concepita l’idea, a quello dell’esecuzione non corsero che quattro giorni, e fu prodigio. Si ornò la biblioteca, e le colonne tutte colle bandiere di S. Marco, e con festoni d’alloro, ornamento prediletto in tutte le nostre solennità, e le nostre feste.
La funzione fu accompagnata da una compunzion generale. Aprivano la processione uscita dalla chiesa di S. Marco, le confraternite primarie, ed il clero tutto; la seguivano il Doge, la Signoria, gli Ambasciatori, il Senato. Giunto il Doge sul ponte, sarebbesi detto che l’universo tutto esultava, tanto era il rimbombo delle campane, de’ cannoni, de’ tamburi, delle trombe, che misto alle vive grida del popolo feriva l’aria ed il cielo. La folla di gente di ogni condizione apparve sì sterminata, come se ne’ due precedenti anni non fosse morto alcuno, ma piuttosto fossero stati introdotti nuovi abitanti a lustro maggiore della città.
L’anno susseguente nel giorno 3 maggio il Doge Luigi Mocenigo vestito in tutta la maggior magnificenza andò col Patriarca Trevisan a porre la prima pietra del votivo edifizio, e deposevi alcune monete colla leggenda: Ex pio solemnique voto Reipublicae. Il magnifico tempio fu innalzato su modello dell’immortal Palladio, principe de’ nostri architetti. Non ci vogliam qui diffondere nel descrivere l’elegante proporzione della sua maestosa facciata, ed ancor meno la ricca decorazione de’ rari e bellissimi marmi, che aggiungono splendore al suo interno.
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