Esse avevano contato, dopo la loro presentazione, di potervi godere del divertimento tanto proprio della gioventù, il ballo. Di fatti dopo mezz’ora di conversazione il ballo cominciò, ed il Re si scordò la fatica del viaggio per danzare una gran parte della notte. Alla sua partenza non permise al Cav. Dolfin di accompagnarlo se non che fino alla carrozza.
La mattina dopo S. M. spedì uno de’ suoi Consiglieri al Provveditor generale per assicurarlo di tutta la sua soddisfazione e riconoscenza per le attenzioni praticategli; ed aggiunse il desiderio che avrebbe di passar la sera, come la precedente. Questa indicazione fu più che bastante per il Dolfin, onde far trovare nella sua propria abitazione tutto ciò che potesse esser piacevole a S. M. Il concorso ogni sera aumentossi; si rinnovarono i concerti musicali e il ballo; i rinfreschi vi furono sempre con gran profusione; l’illuminazione a cera, alla Veneziana, abbagliava la vista; tutto infine fu grandezza e magnificenza. Il Re v’intervenne ogni sera; ma ricusò la festa, che gli abitanti di Verona volevano offrirgli nella superba Arena. Forse Federico temette di aggravar il popolo.
La mattina andava egli percorrendo quella deliziosa città, la cui pittoresca e incantatrice situazione è tanto in armonia con quell’antica e moderna architettura, che ad ogni passo l’abbella. Rientrava poscia a casa pel pranzo, e degnavasi di ammettere alla sua tavola molti nobili Veronesi, alcuni degli officiali maggiori, e spesso il Provveditor generale.
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