Se il Re brillò per il suo rango e pe’ suoi talenti, il Principe Reale, che poc’anzi fra noi abbiamo con esultanza veduto, non può ascondere quella luce risplendente, che deve ancora tenersi quasi occulta, ma di cui l’occhio penetrante vede sfavillar certi lampi, che fin d’ora formano le più care speranze di un popolo generoso. La sua adorabile Sposa ha rapito tutti i cuori per la sua bellezza, per le sue grazie, e per lo squisito senso, che facea tanto gustar alla sua bell’anima i nostri capi d’opera delle Belle Arti, e per l’intelligenza colla quale sapeva conoscerli e valutarli. Entrambi questi Principi tanto interessanti hanno lasciato in Venezia il più vivo desiderio di loro. Chi sa? Essi sono tuttavia in Italia.4
Ma rientriamo in quella sala dove si balla con tal gajezza da inspirarla anche alle persone più gravi. Il Re era instancabile in quell’esercizio: vi ballò sino dopo le quattro della mattina. I Deputati non misero più dubbio che Federico non preferisse il ballo ad ogni altro trattenimento, e per ciò si affrettarono di cercare una casa conveniente per un tal ospite, e che insieme potesse contenere la nobiltà Veneziana e forestiera. Si trovò il palazzo Giovanelli a Santa Fosca, al quale si diede comunicazione con quello vicino della famiglia Donà, ed i Deputati a proprie spese li mobiliarono colla massima magnificenza.
Li sei gennajo era uno dei giorni di allegrezza per il popolo Veneto. Ai vesperi di questo giorno un usciere della Polizia mascherato grottescamente faceva il giro della piazza di san Marco per dar segno che quella sorte di maschera d’allora in poi era permessa, e che il Carnevale già cominciava.
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