Federico che non era Senocrate, se ne divertiva estremamente, e assai compiacevasi di quel linguaggio franco e confidenziale, ch’esse tenevano per anche con lui.
Il Carnovale di Venezia non consisteva già soltanto nelle maschere. Oltre i sei teatri, che poi crebbero fino ad otto, ed oltre il ridotto, i balli, i pranzi e cene di compagnia, eranvi pur anche i così detti Casotti, che si erigevano sulla piazzetta di san Marco risguardante la laguna, e sulla lunga riva degli Schiavoni. Colà fecevasi lo spettacolo di animali feroci, di scimie e di cani danzanti, di cavalli obbedienti alla voce dell’uomo, e di uomini volteggianti sopra i cavalli. Colà danzatori di corda, saltatori, ciarlatani, giuocatori di bossolotti, narratori di meravigliose istorie, improvvisatori, e cento altre curiosità da intrattenere il popolo, e da renderlo pago ed allegro. Federico osservava la vivacità, e la schietta gaiezza del buon popolo Veneto, e viaggiatore sagace non lasciava di trarre le sue politiche deduzioni.
La sera dei sette gennajo ebbe luogo la prima festa al palazzo Giovanelli, che prese il modesto nome di Casino, onde dare a queste radunanze un aspetto non istraordinario, tutto che l’invito fosse pubblico, e l’illuminazione, i rinfreschi, la copia de’ serventi potessero abbastanza indicare il loro vero oggetto. Dovevano i festini aver luogo ogni lunedì; ma fatalmente in questa prima notte il freddo tanto incrudelì, che non solo si gelò la laguna, ma cominciavano a gelarsi e il gran Canale e i rivi più interni, cosicchè convenne che alle due dopo la mezza notte ciascuno si ritirasse alla sua abitazione, prima che fosse affatto impedito il passaggio delle gondole.
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