A chi considera che a que’ tempi dovea il continente nutrire cento cinquanta e più mille abitanti di una ricca e delicata città, non farà sorpresa, se diremo che questo specchio d’acqua formicolava ogni giorno di gente. Ma il concorso non era formato solamente da questi varj speculatori. I Veneziani di ogni classe si erano fatti un divertimento del percorrere questo nuovo e inusitato mercato franco, e lo stesso sesso più delicato e gentile, non curando il pungente freddo, osava premere con piede sicuro quello spazio, che prima avea colla nera barchetta solcato. Vi andavan le donne la mattina nel loro abito nazionale, cioè ravvolte nel seducente Zendaletto, che giustamente fu detto l’emulo della cintura di Venere. Con artificio stava appuntato sul capo; con malizia copriva e discopriva il volto; con eleganza si attortigliava alla vita, e quest’artificio, questa malizia, quest’eleganza davagli il potere veramente magico di abbellire le brutte, e di fare viemaggiormente spiccar le attrattive delle belle. Federico non fu degli ultimi ad approfittare di un divertimento, che avea tante seduzioni da far dimenticare gli altri passeggi, e quanto di bello fra il giorno offriva il carnovale. Esso durò per varj giorni, poichè dal giorno 6 ai 24 di gennajo il ghiaccio non rifiutò di sostenere il lieto concorso.
Non cessavano gli altri piaceri ad onta del freddo. I balli, i teatri, le cene, il ridotto si succedevano alternativamente. Ma in questa settimana mancò a vivi il deputato cav. Erizzo, e le di lui estese parentele furono cagione che s’interrompessero i divertimenti; nondimeno Sua Maestà diede in sua casa delle superbe cene e balli.
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