Fu dunque eretta una specie di arena di dieci gradini, e vennero dispensati biglietti per il popolo. Quanto alla nobiltà, s’essa voleva intervenirvi poteva tutto vedere dalle finestre delle procuratie che circondano la piazza. Sua Maestà fu pregato dal procurator Morosini di voler assistere allo spettacolo nella sua procuratia; e per render questa più vasta e più comoda aperse una comunicazione colla contigua del procurator Pietro Contarini. L’invito fu generale, e la sera si aperse un festino che riuscì brillantissimo e magnifico.
Il deputato cav. Dolfin aveva fatto il suo invito a S. M. per il giorno 11 febbrajo. Ma il suo palazzo non era fornito di troppo spaziosa sala. Che fa egli? Ricopre tutta la corte interna del palazzo; costruisce una sala di legno ben solida, e la mobilia colla massima magnificenza ed il miglior gusto. Questa univa dieci camere tutte illuminate a giorno, e nelle quali trovavansi differenti concerti di musica, di maniera che passavasi da uno all’altro luogo trovandovi sempre un piacere variato e interessantissimo. I Veneziani non riconobbero più quella casa, e credettero di trovarsi in un palazzo di Fate. Anche Sua Maestà vi si trattenne sino a notte assai avanzata, e ne mostrò sommo aggradimento.
Si fu appunto a questo pubblico ballo che il patrizio Carlo Grimani pregò S. M. di voler passare la sera seguente, ultimo giorno di carnovale, al suo teatro di san Gio. Crisostomo. Vi fece egli pur anche un invito generale. Allorchè S. M. vi si recò, trovò tutto il teatro superbamente illuminato, e pieno straordinariamente di persone.
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