Eravi il gentil costume di vestir gli stessi gondolieri con certa foggia elegante e leggiera, che ce li facea credere piuttosto attori di teatro pronti a figurare in un ballo, che servitori occupati nell’adempiere al loro dovere. I drappi di seta, le frange, i galloni, le piume, le fasce svolazzanti intorno il corpo erano i loro consueti ornamenti.
Le acque erano coperte di leggiere gondolette. Queste vedevansi andare, venire, seguitarsi, gareggiare fra loro, procurar di superarsi, e mercè la destrezza ammirabile, aprirsi, tra una folla che parea impenetrabile, un sufficiente passaggio, senza urtar le barche vicine; insinuarsi a guisa di serpi con grazia e con velocità, lasciando addietro que’ che per essere meno pratici o un po’ meno robusti, erano forzati a cedere. In sì fatte gare era regola osservatissima, che i padroni non prendessero parte alcuna, e ciò ad oggetto di evitare quel risentimento che avrebbe potuto derivare da una forse mal intesa protezione.
Le belle ninfe dell’Adria stavano in quelle corse, sedute voluttuosamente nella loro agile gondoletta sopra cuscini di piume, quasi sovrane di quell’argentea superficie. Vestite ed acconciate con somma eleganza, dalla negra tinta della gondola, che pur sembra sì trista a qualche forestier mal accorto, acquistavano le lor carnagioni certo vivo risalto, che le rendeva ancor più belle e interessanti. Talora andavano esse rapidissimamente come se avessero voluto involarsi agli sguardi dei curiosi; ora lente lente quasi per lasciarsi vagheggiare; spesso apparivano in preda alla spensieratezza, e davano tempo a que’ che fiancheggiavano le loro gondole di pascersi delle loro attrattive mostrando di non abbadarvi; ma più spesso col lanciare sguardi lusinghieri, cercavano di aumentare il loro trionfo sottomettendosi novelli schiavi.
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Adria
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