Ma se il sentimento della pura morale, quel sentimento sì bello, sì grande, sì nobile, che ci fa spesso condannare ciò che la politica approva, abbia a servir di guida ai nostri giudizj anche riguardo alle azioni guerriere, l’equilibrio è subito tolto, e la bilancia tracolla verso quella parte dove esiste maggiore moralità. Se vi fu mai un’epoca, in cui si combattesse più colla mala fede che colla forza, più colle astuzie che coll’armi, si fu certo quella di cui imprendiamo a parlare. Pur non negheremo, che il nostro nemico fece altresì mostra di un’attività e di un’ostinazione sorprendenti. Abbattuto e soggiogato, risorgeva sempre con maggior audacia e più forza, benchè non trovasse nemmen noi nè indolenti, nè oziosi, ma anzi sempre pronti, coraggiosi ed intrepidi. Si è altrove detto come i Genovesi sul principio cercarono di emulare la nostra gloria e il nostro ben essere, e come questi primi sentimenti di virtù si convertirono poscia in vizj, e degenerarono in affetti di gelosia e di bassa invidia. Tali difetti non ebbero più freno, allorch’essi videro i Veneziani nel 1205 padroni di Candia; se non che, non sentendosi bastantemente forti per dare aperto sfogo a tutto il loro disgusto, ricorsero al tradimento suscitando la sollevazione de’ Candiotti; ma ne furono puniti colla perdita di molti vascelli. Nel 1256 tentarono sotto varj pretesti d’invadere i diritti ed i possessi dei Veneziani nella Siria; e furono ben presto discacciati anche di là con perdite riflessibili. Nel 1260, il Senato Veneto avea ordinato alle sue flotte di ricuperare Costantinopoli perduta dai Latini, e ciò sarebbe assolutamente riuscito, se i Genovesi, per animosità contro i Veneziani, non avessero abbracciato il partito odioso a tutta l’Europa, quello dell’infedele imperator greco Andronico Paleologo, il che fece così mancare l’impresa.
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