I Genovesi tosto presero il partito di Andronico, sicuri di avere in tal modo un imperatore, che per riconoscenza e per interesse gli favorirebbe in confronto ai rivali. Coll’ajuto di molti fra gli abitanti di Pera, valsero a corrompere le guardie delle prigioni ed a sottrarre Andronico, che mercè alcuni pronti soccorsi ricuperò quasi interamente la vista, e che fu fatto acclamar imperatore. Nel tempo stesso andarono ad attaccare il palazzo di Calogiani, si assicurarono della sua persona, lo incatenarono e lo chiusero nel castello di Arsema sul mare. Con questo destro maneggio, e con questo esito felice, i Genovesi divennero non solo potentissimi in Costantinopoli, ma ricevettero pur anche da Andronico l’isola di Tenedo, che da lungo tempo già vagheggiavano. I Veneziani, spettatori di questi avvenimenti, ne furono afflitti tanto più che non potevano sul momento opporre nessuna resistenza.
Tra quelli che si trovavano allora in Costantinopoli eravi Carlo Zeno, i cui fasti militari lo resero poi celebratissimo nella Storia. Calogiani, che lo conosceva per un giovane vivace e intraprendente, risolse di rivolgersi a lui per implorarne soccorso; e gli scrisse una lettera valendosi del mezzo della moglie del governatore del castello, sensibile al destino di quest’illustre prigioniere. Per un anima elevata i maggiori pericoli sono stimoli i più potenti per determinarsi alle nobili azioni. Il Zeno tosto rumina nella sua mente un disegno, con cui liberar Calogiani e riporlo sul trono. Conosce l’instabilità de’ Greci, vede che non v’ha che un colpo di mano per trar Cologiani dalla prigione, e presentandolo al popolo, farlo riconoscere per il solo imperatore.
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