Andronico confuso, umiliato, non ha altro rifugio, che di riporsi alla vela, e di restituirsi a Costantinopoli colle sue galere.
Un simile evento può bensì abbassare l’orgoglio, ma non già ammansare l’odio e l’invidia, anzi dee renderli più gagliardi e veementi. Siccome però in quest’affare i Genovesi avevano agito sotto mano, ed era Andronico in apparenza, che sosteneva la guerra, così non potevano credersi abbastanza giustificati di dichiarar la guerra ai Veneziani per vendicarsi dei torti, e ancora meno di poterla sostenere da per sè soli. Mentre stavano perplessi, un altro accidente procacciò l’occasione di manifestare il loro mal animo. Pietro di Lusignano, re di Cipro era morto, e suo figlio Pietro eragli succeduto. Questi, secondo l’uso, s’era fatto coronare a Nicosia come re di Cipro; gli mancava ancora di essere coronato a Famagosta come re di Gerusalemme. Vi si recò agli a quest’oggetto, e per rendere la solennità più imponente, tutti i ministri e consoli forestieri furono invitati, come pure i principali signori della città ed i forestieri di maggior rango. Allorchè le cerimonie della Cattedrale furono terminate, il re accompagnato dal numeroso corteggio si restituì al suo palazzo, dove stava imbandito un magnifico banchetto. Cammin facendo, il console di Genova pretese andar innanzi al console Veneto; questi nol permise; la disputa si accende, il rumore cresce, ma tutta la corte prende il partito del Veneziano, e accheta sul momento la rissa; se non che la stessa disputa si rinnova a mezzo il banchetto; si alza la voce; dalle parole si viene ai fatti; gli uni si gettano sugli altri, combattono, s’inseguono, si feriscono, ed a stento il resto de’ convitati separa i due partiti.
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