A tal effetto gli vennero spedite quattro grosse galee, che, tollerate molte burrasche, recarono il sospirato sovvenimento. Il Pisani ubbidì, e tosto ricomparve sotto Traù, che trovò più difeso e fortificato di prima. Senza punto scemar di coraggio, circonda il porto tutto all’intorno, rinnova a più riprese l’assalto, bombarda incessantemente Ungheri e Genovesi, e cerca colla sua insistenza di vincer l’altrui ostinazione. Ma tutto fu indarno; ed egli intanto vi aveva perduta molta gente, consumati presso che tutti i viveri, l’inverno era già inoltrato, i ghiacci fatti altissimi, ed i venti grossissimi producevano una continua tempesta di mare. Nelle milizie e nelle ciurme si erano introdotte malattie pericolose, mortalità frequenti, e molti vi ci aveano perduto e mani e piedi per l’estremo rigore del freddo. Chi poteva fuggire lo faceva; gli altri destavano tumulti; e tutti illanguiditi scongiuravano di esser riserbati a qualche più ragionevole impresa. Cosicchè per eccitamento degli stessi provveditori e sopracomiti che avevano la maggior parte delle loro galee sconquassate e rotte, venne risolto di levar le ancore, e di recarsi nel porto di Pola. Fu certo gran ventura che i Genovesi non uscissero ad inseguire questa squadra ridotta a tale, che a grande stento potè guadagnare quel porto.
Vittore, che anche in questa fatalissima circostanza avea fatto conoscere di saper obbedire e di giudicar bene, trovavasi abbattuto nella salute, ed afflitissimo nell’animo per lo stato infelice a cui vedeva ridotta la squadra.
| |
Pisani Traù Ungheri Genovesi Pola Genovesi
|