Spedì a Venezia tutti i corpi delle galee, che non erano più di nessun uso, tutti gli ammalati ch’erano in grandissimo numero; e accompagnò con lettera questo lagrimevole spettacolo, aggiungendo, che non men compassionevole era la situazione di quei che rimanevano; ed insieme chiese licenza di ripatriare, poich’era prossimo il termine della sua carriera militare.
Lungi dall’ottener egli la grazia richiesta, ebbe l’espresso comando di doversi trattenere a Pola tutto l’inverno, affinchè i Genovesi non tentassero qualche impresa nella provincia dell’Istria, qualora fosse lasciata senza forza. Anche questa volta un tanto oggetto vinse ogni altro riguardo; ma intanto l’armata gli si andò scemando almeno di un quinto.
Correva il febbrajo, quando ricevè un rinforzo di undici galee, colle quali scortare il Giustiniani che andava in Puglia a provvedere di grani. Appena cominciato il viaggio, una burrasca fece grande strazio de’ vascelli, e due si smarrirono. Di ritorno dalla Puglia, iacontra la flotta nemica, ed è inevitabile l’attacco. Al primo incontro il Pisani rimase ferito mentre stava alla scoperta animando i suoi; ma senza punto smarrirsi proseguì a combattere. Il vice-capitano nemico restò ucciso, e la flotta tutta cominciò a piegare. Luciano Doria, che non si era atteso tale rovescio, prevedendo il pericolo del peggio, pensò a ritirarsi fino nel porto di Zara. Il Pisani lo inseguì alquanto, e poscia entrò nel porto di Pola, avendo salvato il convoglio, e speditolo a Venezia colla relazione del fatto.
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