Ma quale fu il suo dolore quando, sbarcate e fatte passare a rassegna le truppe, non ne trovò appena numero bastante per completar sei galee, di trenta che ne aveva nel mese di novembre, e queste inoltre sdruscite e mal atte a qualunque servigio! Scelse però fra esse la migliore, e la pose per sentinella al porto. Ma ben tosto e dalla guardia, e dagli stessi Polani venne avvertito, che il nemico avanzavasi da quella parte. La costernazione fu generale. Tutto era ancora sconcerto e disordine, e l’armata abbisognava di rifacimento e di ristoro. L’unico conforto del Pisani si fu il pensare, che sin a tanto ch’egli se ne stava chiuso là dentro non v’era nulla a temere, che l’armata sarebbe stata salva. Tolto così ogni turbamento anche dall’altrui animo, si accinge a sollecitare i lavori atti a dare miglior forma alla squadra; fa costruire alcuni navigli appositi per guardare la bocca del porto, e pone in armi anche i terrazzani. Frattanto il nemico s’accostava ond’esplorare ciò che facevano i Veneziani nel porto, e li provocava con parole di scherno a battaglia; cosicchè quando la squadra fu bastantemente in pronto, e soldati e marinai, e provveditori e sopracomiti, manifestarono il più ardente desiderio di attaccare il nemico, e cercarono di determinar il generale a secondare i loro voti. Ma non ebbero forza nè rimostranze, nè preghiere per rimoverlo dal suo proponimento. Incoraggiati i Genovesi da questa inazione, si presentarono arditamente con quattordici galee innanzi al porto in ordine di battaglia, ognor più agglomerando i vituperj e gl’insulti.
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