Parevano i nostri tanti. mastini in catena che anelano di mordere i passeggieri; e si misero tumultuariamente a gridare di voler essere condotti all’attacco. Il Pisani, sempre fermo nella sua risoluzione, cercò di placarli; ma poichè vide che i provveditori e i sopracomiti autorizzavano i voti ne’ subalterni, ragunò consiglio di guerra. Udì prima le opinioni di tutti; indi rispose ad ognuno, ed aggiunse alfine la sua, cominciando dal far osservare la differenza che passava dall’una all’altra armata. La Veneta composta di venticinque galee mezze infrante in più assedj, in più battaglie, in molte burrasche, racconcie in fretta sia nei cantieri di Venezia, che in que’ di Pola; le otto navi ed altri legni non ad altro atti che alla difesa del porto, o al più a guardar da lungi la coda della flotta; le ciurme e i marinai provetti essere pochissimi; quelli di recente spediti, trovarsi ancora affatto inesperti, ed i Polani non potersi computare di sicura fede. Al contrario le galee de’ nemici, benchè soltanto dodici di numero, essere però tutte ben fornite di gente fresca, e di soldati veterani. Chiamò inoltre a riflettere; che quel Luciano Doria, che tanto allora gli stimolava a battaglia, era quel desso, che con armata pari o maggiore della Veneta, aveva sfuggito l’incontro a Taranto, a Zara, a Traù ed ultimamente verso la Puglia; che se con forze apparentemente inferiori ordiva allora di attaccargli, era segno di averne di maggiori poste in agguato dietro i vicini scogli, o in distanza tale da poter presto raggiungere le altre.
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