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      Ad onta di tanto favore, l’idea del pericolo erasi così ingigantita, che, a detta di alcuni scrittori, si agitò in Senato la proposizione di abbandonar Venezia e di trasportare la sede del Governo in Candia o a Negroponte. Ciò per altro non è a credersi, e particolarmente per l’impossibiltà dell’esecuzione. Il Doge ed alcuni pochi Magistrati avrebbero ben potuto imbarcarsi sperando di fuggire alle flotte nemiche; ma una tal partenza avrebbe avuto la sembianza di un’evasione, e di un vergognoso abbandono della patria. D’altra parte, lasciare i suoi focolari, le sue ricchezze, il suol natìo per conservare l’indipendenza in un’isola lontanissima, sarebbe stata azione sublime, se la nazione tutta avesse potuto prendere egual parte in sì nobile risoluzione; ma come mai imbarcare tutta la numerosissima popolazione, in un momento in cui non v’era nemmeno una flotta bastante a ricevere i principali cittadini, e a protteggere la loro fuga? Non v’avea dunque che un sol partito da prendere, quello di perire par la patria, o colla patria. La eroica risoluzione venne premiata subito da un qualche vantaggio riportato, per cui si conobbe che tutto non era ancora perduto, benchè il nemico fosse a Malamocco, cioè a cinque miglia dalla Capitale.
      Il Governo approfittò della favorevole circostanza per decretare l’apparecchio di quaranta galere; e tale fu la sollecitudine del popolo nel presentarvisi, che in tre giorni 34 erano già equipaggiate, ed i soggetti più cospicui tra i nobili furono destinati a comandarle.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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