Indi il Doge Andrea Contarini, presentatosi in mezzo al Popolo perorò da vero cittadino con commozione di tutti; raccomandò il governo della città agli Ottimati, e fece celebrare con grande solennità la Messa allo Spirito Santo. Terminata questa, fece egli inalberare sulla galea di Luca Contarini lo Stendardo Ducale, s’imbarcò il primo, benchè fosse più che settuagenario; lo seguirono i suoi Consiglieri, e venne accompagnato dai più vivi applausi, dalle lagrime di tenerezza, dalle benedizioni di tutto il Popolo. Questa veramente patriottica condotta del Doge fece la più viva impressione. Non era svanito dalla memoria, che al momento della sua elezione a Doge, egli n’era stato sì afflitto, da ricusare costantemente un tanto onore, dicendo di non esser assolutamente capace di sostenerlo degnamente, ed avendo resi vani i consigli e le preghiere de’ suoi amici e congiunti, avea costretto il Senato, per vincere la sua ostinazione, a spedirgli un Avvogadore, che gli dichiarasse di sottomettersi ai voti della Nazione, o di essere considerato come reo di Stato per la sua disubbidienza. Parve adunque un miracolo il suo cambiamento; ma non riflettevasi forse alla differenza de’ tempi. All’epoca della sua elezione la Repubblica era in pace con tutte le potenze; un ordine esatto in tutto conservava la tranquillità interna; ed il commercio floridissimo rendeva tutti opulenti. Quindi ogn’individuo poteva godere allora una felicità a sua voglia, senza punto mancare a’ suoi doveri, ma all’epoca presente, lo stato infelicissimo della Repubblica esigeva che ogni buon cittadino dimenticasse sè stesso per dedicarsi interamente ad essa.
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