Così pensava il Doge Contarini, e così operò; e ben si vede non esservi cosa più capace d’inspirare ardore e coraggio ai marinai ed ai soldati quanto l’esempio illustre di chi dirige lo Stato. Decretossi, che una porzione del Senato s’imbarcasse con lui per assisterlo ne’ Consigli, e per dirigere le operazioni della guerra. Indi altro partito fu preso per tener vivo il fervore nel cuor de’ cittadini: che le trenta famiglie popolari, che si fossero distinte nel prestar utili servigi alla Patria, sarebbero state, dopo la pace, ammesse colla pluralità de’ voti al patriziato, e che le altre otterrebbero pensioni e gratificazioni; ed essendo forestiere, il fregio e i diritti della cittadinanza. Il Decreto fu assai avveduto e saggio. Esso non mirava già a porre vergognosamente in vendita il patriziato, ma di quest’eminente prerogativa si valeva come d’un pungolo potentissimo ad avvivare lo zelo, e d’una larghissima ricompensa a coronarlo. Niente in fatti può esservi di più giusto quanto il nobilitare per tal modo la virtù ed i servigi resi alla Patria. L’ambire e ostentare tanto onore senza meriti, è cosa egualmente spregevole, quanto l’invidiarlo e contrastarlo a chi per antico diritto il possiede, senz’averlo mai demeritato. In Venezia particolarmente era più solido e reale che altrove, poichè ad esso esclusivamente era attaccato il diritto a tutte le Magistrature dello Stato. I nuovi nobili per merito potevano dunque rivaleggiare con que’ che traevano l’origine dalle famiglie più rispettabili di Roma e dell’antica Venezia, dalle quali scesero anticamente i Tribuni che governarono per alcun tempo le isole: famiglie che senza ricorrere ad una genealogia favolosa, possono vantare una nobiltà più antica di qualunque casa oggidì più risplendente.
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