Egli veniva raggirato nei consigli, riempiuto di falsi timori, ed insidiato in tutte le guise, ad oggetto di accelerare la sua rovina. Alloraquando le truppe imperiali avanzarono al punto di minacciare il borgo di S. Giorgio, i cortigiani lo persuasero di cederlo all’Aldringher in segno di rispetto verso di Cesare, potendo in tal modo sperar di ottenere un onesto accomodamento. Animato il comandante da un avvenimento così inatteso, ordinò immediatamente di andare a prender Goito. Ma come riuscirvi? Situato all’estremità del Mincio, la sua posizione lo rendea quasi inespugnabile; oltrechè era ben provvisto di difensori, d’armi e di mura; pure ai primi attacchi gli abitanti vollero assolutamente arrendersi, malgrado la resistenza della guarnigione, quasi tutta veneziana, che come quella del borgo intendea di difendersi ad ogni costo. Convenne però cedere. Allora gli Austriaci entrarono in fiducia di poter prender Mantova per sorpresa. Il valore de’ Veneti vi si oppose; ma uno sciame di ribelli, sedotti dall’oro, rese inutili le opposizioni. Nella notte dei 18 luglio 1630 vennero gl’imperiali da due parti ad attaccar Mantova. I traditori, secondo il concertato, fecero smontar le truppe vicino al baluardo del Giardino, dando a credere agli assediati esser quello il soccorso atteso: ma videro invece uccidersi le sentinelle ed empiersi tutta la città di Austriaci. Il Duca, all’annunzio di questo terribile avvenimento, si salvò con suo figlio ed il maresciallo di Francia d’Estrè nella fortezza.
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