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      Non fu dunque difficile convocare una Dieta a Ratisbona, e convenire sollecitamente sugli articoli della pace, in uno de’ quali fu restituito ai Veneziani tutto il terreno da essi perduto in questa sventuratissima guerra; il che è una nuova prova della loro sagace politica nel trattar gli affari, essendo non di rado avvenuto, che sebben perdenti, ritraessero al momento della pace tali vantaggi, come se fossero stati vincitori. A ciò contribuiva pur anche l’opinion generale, che sussisteva tuttavia della loro forza. Nacque da questo doppio motivo, che trionfassero altresì nelle differenze insorte nel corso stesso di questa guerra; l’una colla corte di Roma, l’altra colla Spagna, le cui particolarità risparmieremo di raccontare per non deviar maggiormente dal nostro principale soggetto.
      Il prospero fine di questi avvenimenti meritava certamente di venir celebrato in Venezia, come sempre usavasi di fare, con feste solenni; ma troppo generale era allora la tristezza per dar luogo a idee di solazzo. Il miasma pestilenziale erasi già introdotto nella Metropoli stessa. La filosofia, le scienze, e tutte le provvide cure del governo non avevano potuto impedire che questo terribile flagello non si dilatasse grandemente. Ad ottener ciò avrebbe bisognato il concorso unanime di tutte le potenze; ma queste non erano ancora abbastanza illuminate per potere, come si è fatto dopo, relegarlo in Oriente, dove sotto la tutela dell’ignoranza e della superstizione si conserva tuttavia, e sempre si riproduce.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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