Non doveva egli piuttosto opporre tutte le sue forze all’ingrandimento di Luigi e della Francia? Della Spagna, che diremo? Tutte le ragioni volevano che quel re ponesse ogni studio nell’impedire la preponderanza dei Francesi in Italia, onde preservar da pericoli i suoi nuovi dominj nel regno di Napoli; nè mente umana potea pensare, che nell’accedere ad una strana confederazione, macchinasse quel principe la rovina propria. E qual giudizio doveasi formare di papa Giulio II? Chi poteva credere che per l’esca del riacquisto d’alcuni paesi della Romagna, dimenticasse tutto ciò che la Repubblica avea fatto in favor della Chiesa e della cristianità, opponendo le proprie sue forze, ora contro i Saraceni, ora contro gli Unni, e da ultimo operando in guisa, che gli Ottomani, sì vaghi di soggiogare l’Italia, rimanessero per essa sola ne’ loro voti delusi? E come mai non riconobbe, che, caduto il Veneto antemurale, l’Italia tutta verrebbe interamente ingojata dalle armi forestiere, quali ch’esse si fossero? Tutto ciò fu in lui tal errore, da non potersi prevedere giammai.
A questi ragionamenti conviene anche aggiungere, che niun ambasciatore Veneto presso le corti forestiere avea concepito il menomo sospetto di quanto si tramava a Cambray; tanto era secreto il maneggio. A Parigi il re stesso aveva più volte protestato all’ambasciator Veneto, ch’esso giammai si sarebbe allontanato dall’amicizia de’ Veneziani. Ed il cardinal d’Amboise, allora primo ministro, anzi despoto della Francia, avea replicatamente giurato al nostro ambasciatore, che la lega non avea niente che fare colla Repubblica, e che il solo scopo del congresso era di terminare le differenze fra il re di Spagna e il duca di Gueldria alleato della Francia.
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