Le forze di Massimiliano erano aumentate per l’opinione invalsa, ch’ei dovesse rimettere l’impero nel suo antico lustro, e far buona preda in Italia; onde a lui era concorso un gran numero di gente, e varii principi della Germania. Il re di Spagna, col suo imponente apparato navale, recava una diversione alle forze terrestri della Repubblica, che aveva a difendersi contro gli assalti marittimi. L’autorità del papa, e le sue armi spirituali rendevano più pungenti e dannose le sue armi temporali. I principi di un rango inferiore erano entrati anch’essi con tutto il coraggio e l’ardore in questa lega, per l’invidia e l’odio che portavano alla Repubblica. Per resistere a tante forze, e conservare non solo lo stato ma l’armata, conveniva seguire il mezzo sempre usato dal partito debole; quello cioè di tenersi soltanto sulla difesa, e di trarre in lungo la guerra, attraversando tutt’i disegni del nemico, e scansando sempre di venire a battaglia. A quest’effetto, il Senato ordinò ai suoi comandanti, di condur subito l’armata ai confini dello stato, e prescrisse loro di non venir mai alle mani co’ nemici, senza fondate speranze di riuscita, o senza un’urgente necessità.
La Francia aveva già cominciate le ostilità prima di dichiararsi nemica, e prima che le truppe Venete si fossero unite a Ponte Vico. Una sua armata prese la Terra di Trevi, ed un’altra quella di Casal Maggiore; poscia si ritirarono a Milano per aspettarvi l’arrivo del Re.
Allorchè egli vi giunse, spedì immediatamente a Venezia un Araldo, il quale, introdotto che fu dinanzi al Doge ed al Collegio, dichiarò a nome del suo Re guerra alla Repubblica, producendo ragioni più fine ed astute, che giuste e vere.
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