Bartolommeo d’Alviano rimase prigioniero; e perduto un occhio, e col volto tutto percosso e livido, fu condotto al padiglione del re di Francia. Il Pitigliano andò a ritirarsi a Caravaggio. Questa fu quella fatalissima giornata del 15 maggio 1509, conosciuta generalmente col nome di battaglia di Ghiara d’Adda.
Non potrebbesi immaginare, non che descrivere, quale fosse la sorpresa, il dolore, la costernazione di tutti i Veneziani, allorchè pervenne ad essi la nuova di tanto disastro; tanto più ch’erano assuefatti a riportar quasi sempre la vittoria in tutte le guerre. Considerava in oltre il Governo, non avere altri capitani, nè altra gente per difendersi, e che quelle che avanzavano, erano spogliate di forze e d’animo. Vedevano il re di Francia con esercito potentissimo, e reso più ardente dalla vittoria, seguitare il corso della fortuna; e se a lui non avevano potuto resistere, che sarebbe mai addivenuto se univasi pur anche l’esercito di Cesare, che già sapevasi avvicinato ai confini? Mostravansi da ogni parte pericoli, desolazioni, e pochissimi indizj di qual si sia speranza. Non deposero tuttavia i Veneziani il pensiero di difendersi, attendendo a far provvisione di danaro, assoldando nuova gente per terra, ed accrescendo di cinquanta galere l’armata navale. Ma preveniva tutt’i consigli la celerità del re di Francia, innanzi al quale schiudevansi le porte di tutte le città. La sola fortezza di Peschiera erasi opposta al suo ingresso; egli la prese di assalto, e volle vendicarsi della resistenza, facendo vilmente impiccare il valoroso comandante Andrea da Riva nobile Veneto col di lui figlio su i merli della fortezza, e passando a fil di spada tutta la guarnigione: crudeltà a cui s’indusse, acciocchè le altre città spaventate da quest’esempio non si difendessero sino all’ultimo sangue.
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