Vi si recò egli stesso, e fatto silenzio, alzossi maestosamente dal suo seggio, e levatosi dalla fronte il Corno Ducale, in segno di rispetto verso quell’augusta assemblea, cominciò la sua orazione esponendo la necessità di difender Padova non solo con tutte le forze, ma anche colla vita stessa. Fece sentire, che l’indipendenza della Repubblica, la sicurezza di tutta Italia, dipendevano dalla conservazione di quella città. Rammentò, come fatto avea altre volte, essere stato l’amor della libertà, l’odio alla tirannia, che aveano popolato queste lagune, e prodotto sopra la terra e sul mare azioni degne di dare un gran nome ai Veneziani: aggiunse, che se per abbattere tanto splendore era stato necessario il concorso delle frodi e degli eserciti di tutt’i principi cristiani, talchè la Repubblica fosse costretta di cedere al momento la Terra-ferma, allora poi che sembrava aprirsi una favorevole opportunità di risarcire l’onor nazionale, di salvare alla patria il suo più bell’ornamento, qual’era la città di Padova, egli non poteva dubitare, che tutti non accorrerebbero a difenderla personalmente; e che siccome i patrizj dovevano superare tutte le altre classi ne’ sentimenti magnanimi e patriotici, così esser dovevano i primi ad esporre i loro corpi per antemurale contro l’immenso numero de’ soldati nemici. Ch’egli stesso avrebbe desiderato di essere il primo a dirigersi a quella volta; ma riflettendo, che i vecchi sarebbero più di carico che di utilità al presidio, e che d’altronde non meno che coll’armi si difende una città col consigliare, provvedere, ordinare, così credeva necessario non solo di fermarsi in patria egli stesso ed i suoi coetanei, ma che non venisse Venezia spogliata nemmeno di tutta la gioventù, perchè ve ne fosse da poter accorrere al bisogno.
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