I più cauti avevano ribrezzo ad affidar la propria fortuna in mano ad un uomo d’inquieta natura, troppo bene istrutto nelle secrete pratiche, e che sì ardente mostravasi per impugnar l’armi contro al natural suo principe. Ma gli arrischiati la spuntarono su i prudenti, ed il Carmagnola il dì 15 febbrajo 1426 con grandissima pompa ricevette lo stendardo di S. Marco, e prestò il solenne giuramento di fedeltà.
Il giorno 18 marzo dell’anno medesimo, il Carmagnola con i Provedditori Veneti, che, com’era il consueto, seguivano il generale in campo e dai quali dipender doveva, si partirono da Venezia, e andarono a raggiungere il corpo dell’armata di dodicimila uomini, ch’era nel Trevisano. Ben tosto fu esso in marcia alla volta di Brescia. Il conte Francesco, che avea non pochi amici nella Lombardia, ricorse alle sue solite armi della seduzione per impadronirsi di quelle città, ed in parte gli riuscì; mentre potè introdurvi notte tempo ottocento uomini per una porta, ed occuparne un quartiere. Ma per far suo tutto il resto, e massime la Rocca, non ci vollero men di quattro mesi di stento, ed in oltre l’opera ingegnosa del generale fiorentino Nicola da Tolentino, il quale inventò egli, e non già il Carmagnola, come si disse per fargli onore, la doppia linea di circonvallazione e di contravallazione, ed apprestò tal ridotto agli assedianti, che poterono assiduamente stringerla, e finalmente sforzarla alla resa. Questa perdita, ed il guasto sofferto nelle sue terre, persuasero Filippo ad interporre l’autorità di Papa Martino V per chiedere agli alleati la pace.
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