Dio voglia che abbiano fatto bene”. - Il Poggio Fiorentino, scrittore tanto elegante quanto imparziale, dopo aver narrato l’arresto, segue: “Assoggettato alle interrogazioni, tratte fuori le lettere, e addotti alcuni testimonj domestici, corre voce, che fosse convinto di tradimento, e venti giorni dopo il suo arresto, fra le due colonne della piazza, collo sbadiglio in bocca, perchè parlar non potesse, fu decapitato”. - E poco appresso soggiunge: “Vuolsi, che non potendo soffrire i costumi de’ Veneziani, mancasse loro di fede. Certuni dicono, che non abbia meritato la morte con delitto di sorta, ma che ne fosse cagione la sua superbia insultante verso i cittadini veneti, e odiosa a tutti.”
Ecco i soli fondamenti, su i quali mal’affetti al nome veneto fanno un gran lavoro d’ingegno, per provare ingiusta e crudele la sentenza; ma quanto solidi essi sieno, ciascun sel vede: un dicesi, un dicono, un vuolsi. Chi riflette alla figura del reo, Capitano reputatissimo per valore, per consiglio, per severità militare, e per imprese operate, troverà assai naturale, ch’egli si fosse acquistato l’universale ammirazione, e che caduto in grave sciagura, benchè meritata, ottenesse la compassione di molti. Chi considererà poi la qualità di chi avea scagliata contro lui la condanna, non si stupirà, che tra parecchie migliaja d’Italiani, v’avessero alcuni, che in onta del vero, disseminassero voci favorevoli al reo, e vituperose pe’ suoi giudici. Il Governo Veneto era giunto, in quell’epoca, a tal grado di potenza, che parea quasi divenuto l’arbitro della sorte d’Italia.
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